Alla luce del forma verbale alla 3a pers. sing. pres. attestata in Ro I 8, appare meno probabile un'integrazione d[a-an-zi], interpretando il verbo come forma di impersonale “(queste cose) si prendono”. Ad ogni modo, il confronto con KUB 15.34+ Ro I 3 (CTH 483), rituale di evocazione in parte analogo a CTH 716, suggerisce che la frase “ciò prende”, introduca l'elenco dei materiali che dovranno servire allo svolgimento del rituale. È, perciò, plausibile che contrariamente a quanto riportato nell'autografia in KUB 15, qui non si tratti di Ro I 1, ma di Ro I 2, dal momento che nella prima riga sarà certamente contenuto il vero e proprio incipit del rituale, con il sacerdote che compie la cerimonia (il LÚḪAL nel caso di CTH 716), la divinità per la quale si compie il rituale e i luoghi da cui quest'ultima viene evocata. Sempre sulla base del confronto con KUB 15.34+ e con altri rituali di evocazione analoghi, le righe iniziali dovevano recitare all'incirca nel modo seguente: (1) [ma-a-an LÚḪAL DIŠTAR URUNi-nu-wa IŠ-TU ... ] (2) [ ... ḫu-it-ti-ia-az-zi n]u ki-i d[a-a-i].